Esempi
Dietro la porta in fondo a destra ci tengo i pensieri cattivi.
L’ho aperta due giorni fa, dopo aver letto in più di un giornale le nuove dichiarazioni dei fratelli Bianchi, gli assassini di Willy Monteiro.
L’ ho aperta e ci ho ritrovato la rabbia provata un anno fa mentre sentivo il telegiornale, vedevo il sorriso di quella vita spezzata come un legnetto che non serve a niente, spezzato per ammazzare il tempo.
Invece hanno ammazzato lui.
Ci ho ritrovato le frasi dei parenti dei Bianchi subito dopo il delitto: ” Hanno solo ucciso un extracomunitario”.
Poi ho spinto tutto dentro e ho girato la chiave per non vederli più.
Ho provato a vedere i fatti dall’angolazione del giusto.
E no, non è giusto che in carcere si viva con la paura di essere picchiati, emarginati, minacciati.
” Viviamo in un inferno'” dicono.
E se predichiamo la funzione rieducativa del carcere, il manuale per l’inferno non è buona lettura, nemmeno per loro, nonostante loro.
Perché la società tutta deve essere esempio, non può lasciare andare gli ultimi.
Se ne deve fare carico e trovare il modo di recuperarli.
Poi ieri.
Il padre dei Bianchi esce dalla villetta mentre un cameraman della RAI sta facendo alcune riprese.
Esce, lo aggredisce.
Lui scappa.
Finisce all’ospedale con prognosi di tre giorni e tanta paura da scrollarsi dalle spalle.
Allora torno alla porta in fondo a destra e la riapro.
I pensieri mi si buttando addosso come cavallette impazzite.
Non sono più domande, sono certezze.
Questo è l’esempio di un padre.
Di loro padre.
Questo hanno visto, mangiato mentre crescevano nel mondo i fratelli Bianchi.
Pane e violenza.
Razzismo, incuria dell prossimo, prepotenza, delirio di grandezza.
Questo il linguaggio che hanno imparato, che hanno parlato fino all’ultima notte da uomini liberi.
Questo il piatto che li aspetta e li nutre negli incontri con i familiari.
E io queste cavallette non riesco a chiuderle dentro la porta.
Mi rimangono addosso attaccate.
E non vedo speranza di rieducazione, di redenzione, non vedo margini di miglioramento.
Loro vedono un inferno ora e non si sono mai accorti che nelle fiamme di quell’inferno erano immersi da tempo.
Loro si lamentano dei maltrattamenti, proprio loro che dei maltrattamenti avevano fatto la loro legge.
E penso alla madre di Willy, che non ha mai detto una parola.
Penso a Willy, che sorride nella sua ultima foto.
Penso alla dignità di una donna e all’indecenza di un padre.
E non trovo ora una sola ragione, una ragione valida per chiudere questa porta dei pensieri cattivi.
Ci sto ancora un po’ dentro a frugare nell’anima.
Chi ha una soluzione in tasca mi bussi che proviamo a uscirne insieme.