Senza paura
Elisa non ha più voglia di ballare.
Sono ore che suda in mezzo a quella pista, frastornata dal caldo e dalla musica altissima. Veramente, frastornata anche dell’alcool: ha bevuto oltre il suo limite e quelle gambe molle le fanno venire un sorriso stupido sulla faccia.
Si ferma e con le mani si tira un po’ più giù la minigonna di jeans, si sistema la magliettina sopra l’ombelico e cerca l’uscita.
” Ehi vuoi un passaggio? Ti accompagno?”
Elisa si gira.
Non le sembra proprio di conoscerlo quel ragazzo, ma lo prende sotto braccio e risponde: “Si grazie, mi sa che sono troppo ubriaca per guidare. Non abito lontano.”
I due ragazzi salgono in auto e partono.
E chiacchierano ridendo, senza neanche chiedersi il nome.
Lui lavora da un anno come skipper in una barca a vela d’epoca, lei invece è ingegnere, vuole provare la libera professione, poi si vedrà. “Bello, risponde lui, brava. Io non so fare nemmeno le divisioni, mi immagino i tuoi calcoli!”, “Io non so nuotare – risponde lei- e vivo al mare da quando ho cinque anni! Ecco, quello è il mio portone”
Lui rallenta e accosta vicino al marciapiede.
Lei si allunga per appoggiargli un bacio sulla guancia e scende, barcolla tendendosi alla portiera e poi dritta e concentrata se ne va.
Lui sorride guardandola allontanarsi, si allunga verso la portiera rimasta aperta, la chiude e riparte.
Quella sera Elisa non ha avuto paura a chiedere un passaggio.
Quella sera lui non ha pensato nemmeno per un attimo di poter saltare addosso a una ragazza, solo perché ubriaca ha accettato un passaggio da uno sconosciuto.
Quella sera era l’otto Marzo, ma l’otto Marzo era un giorno come tutti gli altri.
Non c’era niente da commemorare, forse solo i ricordi sbiaditi di qualche bisnonna.
Di quei giorni in cui le donne ancora dovevano guadagnarsi con le unghie e con i denti parità salariale, il diritto a poter decidere del proprio corpo, a separarsi senza essere uccise.
Raccontava la bisnonna di Elisa, che c’era stato un anno, quando lei era già cinquantenne in cui la Francia aveva inserito il diritto all’aborto nella propria Costituzione. La torre Eiffel, quella sera, si era illuminata per dare risalto ad una decisione storica a favore delle donne.
Eppure era il 2024, non il medioevo.
In Liguria invece, quell’anno, per l’otto Marzo, il Comune di Genova aveva pensato di inventare tre gusti di gelato da dedicare alle donne.
“Un omaggio importante in un’ epoca in cui ci uccidevano con la media di una a settimana, in un paese dove ormai per abortire dovevi cercare col lanternino un medico che non fosse obiettore di coscienza.
In Liguria il massimo che sono riusciti a fare quell’anno, è stato dedicarci tre gusti di gelato. Che mi sono chiesta se potevamo scegliere di mangiarlo nella coppetta o se il cono fosse obbligatorio in quanto più scenografico.”
Elisa si rigira nel letto sorridendo per le parole della bisnonna riportate a galla dalla troppa birra.
Era la notte di un otto Marzo che deve ancora venire, dove le donne camminavano per strada senza paura, si addormentavano senza paura e si alzavano per incamminarsi in un giorno pieno di ostacoli, gli stessi che gli uomini avevano sempre avuto davanti, non uno di più, non uno di meno.
Un giorno qualunque in un mondo giusto.
Non come l’otto Marzo del 2024.
Irene Renei
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